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Alberto Orru interviewed by italian newspaper ‘L’Unione Sarda’ at the ‘Fulham Football Club’ stadium

LA STORIA  La società calcistica sta riammodernando il mitico Craven Cottage, stadio realizzato nel lontano 1896

Londra, un duo sardo guida la rinascita del glorioso Fulham Angelo Giannuzzi e Alberto Orrù lavorano con il club di Shahid Khan

Le rive del Tamigi non sono mai state così prossime alla Sardegna come alla Riverside Stand, lato in riammodernamento del mitico Craven Cottage, dal 1896 casa del Fulham Football Club, gloriosa società sulla rampa di un grande rilancio. Artefice di questo connubio è un giovane che all’Isola deve la sua nascita professionale. Angelo Giannuzzi, 31 anni, «sardo acquisito per diritto», scherza mentre ci guida attraverso le bellissime tribune in legno tenute con cura maniacale. «Mia madre ha origini anglosassoni. L’inglese era lingua di famiglia. Ho avuto la fortuna di studiare all’estero e arricchire il mio bagaglio. Sono cresciuto in Sardegna e la considero la mia casa».                                                                                                                                                                                                        Colpo di fulmine           
Dall’alto della sua postazione il colpo d’occhio è meraviglioso:«Ancora stento a credere che questo sia il mio ufficio». La vicenda è singolare. «Tutto è nato per una serie di coincidenze imprevedibili». Il patron della società – il magnate americano di origine pakistana Shahid Khan – in vacanza al Forte Village, ammirò l’efficienza con cui il giovane Angelo gestiva gli impianti sportivi del resort. Fu una folgorazione professionale: «Volle conoscermi. Dopo un primo colloquio mi propose di collaborare al progetto dello stadio. Accettai. La settimana successiva ero in carica nel nuovo, inedito, ruolo». Project Development Officer. Braccio operativo del Fulham. Investitura prestigiosa che lo pone in cima al programma più ambizioso concepito da una società cadetta. «Il progetto architettonico è affidato allo studio Populous, il più autorevole per questo genere», spiega.
I protagonisti
I cantieri a pieno regime svelano le dimensioni maestose della struttura: «Si chiamerà Fulham Pier». Un centro avveniristico pensato per ridefinire il concetto di ospitalità. «Uno stadio così glorioso non può essere protagonista per le sole gare di una stagione. Vogliamo farlo diventare un’attrazione a prescindere dall’evento sportivo». La presentazione è all’altezza delle ambizioni. La tribuna posta sul lato del fiume sarà ampliata in capienza e dimensioni per dare sede a un grande spazio commerciale pensato per ospitare eventi. È a questo punto che la Sardegna ha visto in campo il secondo protagonista. «La mia storia a Londra è anagraficamente più lunga», racconta Alberto Orrù, 49 anni, sardo verace: «Famiglia di Villaurbana. Mio padre continua a produrre olio», scherza. Tramite l’agenzia Investartone di cui è titolare, si occuperà dell’allocazione degli spazi commerciali dentro il Fulham Pier. «Sono orgoglioso di collaborare con questa gloriosa società. Lavorare con Angelo è un po’ come sentirsi a casa». Nascono spunti interessanti di cui Giannuzzi si fa portavoce. «Quassù ho trovato molta organizzazione e una certa audacia. Non è comune, in Italia, affidare un progetto di questa portata a un giovane professionista». La sfida non sembra spaventarlo: «Una volta accettate le responsabilità, si è messi nelle condizioni di lavorare al massimo livello». La visita al cuore logistico dell’impianto conferma. «Giochiamo nella serie cadetta ma siamo strutturati come una società di vertice», gli fa eco Orrù mentre illustra le aziende mondiali con le quali portano avanti le trattative. «Sarebbe bello riproporre un progetto simile in Sardegna. Magari un gemellaggio. Loro costruiscono in riva al fiume. Noi abbiamo il mare più bello».
Le prospettive
Il tempo stringe. I direttori dei cantieri attendono alla porta mentre Giannuzzi concorda con i suoi collaboratori gli impegni della mattinata. «Si lavora senza sosta. Perciò siamo efficienti. È veramente un peccato sapere che tanti giovani sull’Isola devono accontentarsi dei lavori stagionali». C’è solo il tempo per un caffè espresso e le impressioni di un giovane nel pieno della sua carriera: «La lingua inglese è imprescindibile. Occorre investire sulla formazione. Noi sardi – dico noi perché mi sento tale – abbiamo capacità riconosciute, troppo spesso deprezzate a causa di un mercato perennemente incerto. Il turismo è il nostro asso da giocare». Bussa la segretaria. L’ultima battuta prima del congedo: «Il mio sogno? Mi piacerebbe creare un tramite fra due società che amo. Se chiamasse il Cagliari Calcio, proverei un brivido». Ci stringiamo le mani. Squilla il telefono. Sorridiamo incrociando le dita.
Andrea Mereu (UNIONE SARDA 26/1/2020)
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